Cosa succede se si guarda alla gravidanza provando ad assumere il punto di vista maschile?
Come vivono e cosa provano i papà durante i 9 mesi di attesa?
Gravidanza e parto. Due parole che nell’immaginario comune appartengono esclusivamente all’esperienza femminile: dalla gestazione – ossia il portare il figlio nel proprio grembo – al puerperio – il tempo che intercorre tra il parto e il corretto ripristino dell’apparato genitale femminile.
D’altronde, raramente accade di associare la parola “attesa” ad un uomo, al papà del bambino che la donna porta in grembo.
Nel giorno della Festa del Papà vogliamo sfatare il falso mito che vede la madre dedita alla cura del bambino e più soggetta a fragilità e difficoltà, mentre disegna il padre come colui che regge sulle sue spalle il buon andamento familiare consentendo alla donna di svolgere il ruolo materno attraverso il suo contributo economico, gestionale, materiale.
Inauguriamo, dunque, una serie di articoli sul ruolo del “papà moderno” con la prima parte dedicata alla figura maschile durante la gravidanza.
La gravidanza maschile: come i padri vivono l’attesa
I sentimenti che maggiormente vengono descritti da un uomo che scopre di diventare papà sono gioia, sorpresa ed una sensazione di profonda realizzazione personale per aver creato un nuovo nucleo familiare. Quest’ultima in particolar modo comprensibile poiché direttamente connessa alla predisposizione biologica maschile di prosecuzione della specie.
Superata la fase di scoperta iniziale, poi, molti papà iniziano a fantasticare provando ad immaginare come sarà il nuovo arrivato, quali attività potrà fare insieme a lui/lei, costruendo giorno dopo giorno l’immagine di un “padre ideale” ed una serie di aspettative legate a questo ruolo. Può accadere che si riaprano alcuni cassetti della memoria: si ripensa alla propria infanzia, alla famiglia nella quale si è cresciuti, a come è stato vissuto in qualità di figli il rapporto con il proprio padre e cosa, di quella relazione, cambiare o portare all’interno della nuova identità che si sta per costruire.
Le settimane continuano a trascorrere e, così come la mamma in attesa comincia ad osservare dei cambiamenti fisici e psicologici, anche il papà può iniziare a notare dei cambiamenti di natura emotiva, sociale, di coppia, materiale. Molte domande possono iniziare ad affiorare alla mente, come ad esempio: “Riuscirò ad essere un buon padre? Sarò in grado di sostenere la mia famiglia?”.
I padri e i disturbi pre-parto
Anche gli uomini, inoltre, non sono immuni dalla preoccupazione nei confronti della salute della partner e del feto e in alcuni casi possono manifestare delle reazioni ansiose fino ad arrivare, in situazioni estreme, ad accusare sintomi simili a quelli della donna come nausea e vomito, sbalzi d’umore, voglie o repulsione per alcuni alimenti e dolori addominali. Si tratta del fenomeno conosciuto come sindrome della couvade o gravidanza empatica maschile, in cui anche l’equilibrio ormonale viene alterato (diminuisce la produzione di testosterone ed aumenta quella di prolattina).
Può anche accadere che i padri comincino a manifestare altri disturbi: non solo le donne, infatti, sono soggette alla depressione pre o post parto, ma anche gli uomini possono manifestare flessioni dell’umore, sebbene questa possibilità non sia stata ancora riconosciuta all’interno degli attuali manuali di riferimento medici e psicologici. Vengono sperimentati tristezza, sconforto, tensione, difficoltà di concentrazione, tendenza al ritiro sociale, calo o aumento dell’appetito, del desiderio sessuale e della durata del sonno.
Nella nostra cultura può essere difficile accettare di essere in preda a questi vissuti, poiché la propria immagine di uomo e padre ideale viene compromessa: di conseguenza, anche la condivisione di tali sentimenti è inibita, poiché subentrano vergogna e senso di colpa.
Queste manifestazioni sembrano mostrare un picco al terzo mese di gravidanza e possono essere più frequenti se sono presenti conflitti ed insoddisfazione relativi alla vita di coppia, se la gravidanza è inattesa o indesiderata, se non ci si può appoggiare su una buona rete sociale, se si è in una situazione lavorativa precaria o si è disoccupati, se si è alla prima gravidanza oppure in base ad alcune predisposizioni psicologiche legate alla propria storia personale, come ad esempio aver avuto una relazione materna o paterna disfunzionale.
Qualche consiglio utile per i papà in attesa
Cominciare a prendere confidenza con il proprio figlio anche durante i 9 mesi di attesa, può aiutare ad aumentare il senso di efficacia personale e di sicurezza. Ad esempio, dedicando alcuni minuti della giornata al contatto con la pancia della mamma, parlando con il bambino, raccontandogli delle storie, ascoltando un po’ di buona musica. In questo modo il feto comincerà a memorizzare anche la voce del papà e si abituerà alla sua presenza: quando sarà nato, quella voce sarà per lui familiare, quei racconti saranno per lui fonte di calore e tranquillità, e il papà sarà riconosciuto come una presenza fondamentale, in grado di prendersi cura di lui tanto quanto la mamma.
Inoltre, è fondamentale ricordare che avvertire insicurezza e in alcuni casi paura è perfettamente normale, non c’è nulla di sbagliato: ogni essere umano, dinanzi ai cambiamenti, può sentirsi destabilizzato, incerto, e questo può accadere anche quando si diventa genitori, dato che ci si incammina verso un territorio nuovo e inesplorato.
La condivisione di questi vissuti è importante, sia per le mamme sia per i papà. È sempre utile confrontarsi con il partner o con una persona di riferimento a cui poter raccontare le proprie emozioni e i propri dubbi. E non deve costituire motivo di vergogna provare ad affrontare il percorso della preparazione alla gravidanza e al parto con esperti del settore, che possono aiutare anche i papà a comprendere e superare i propri limiti e a valorizzare i propri punti di forza.
Abbiamo visto, dunque, come anche i padri siano protagonisti della gravidanza.
E se è vero che la presenza paterna durante la gestazione e nell’immediato post parto risulta fondamentale per il sostegno fornito alla partner, è bene ricordare che i padri non rappresentano solo una figura di supporto: anche i papà, infatti, possiedono un ruolo imprescindibile nella cura e nello sviluppo emotivo e cognitivo del neonato e, così come le mamme, hanno bisogni, desideri, pensieri e paure troppo spesso inespressi.
D.ssa Federica Brindisino
Psicologa Clinica e Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale.
Presidente di Destina Ets e referente del progetto di supporto parentale “Genitori E Poi”
Foto credits: Engyn Akyurt, Amina Filkins