Perché si dice sempre che avere un figlio è bellissimo?
Possibile che tutti i genitori siano perfetti tranne noi?
Quali sono le emozioni a cui andremo incontro in gravidanza?
Le risposte a queste domande per smentire il mito dei genitori sempre felici e perfetti.
Le aspettative
Avere un figlio, immaginarsi il proprio futuro da genitori. Un futuro felice, pieno di impegni stimolanti e gioiosi. Ecco che ci si destreggia tra la preparazione della cameretta, l’acquisto dei vestitini, le visite di amici e parenti, le ecografie con gli sguardi emozionati rivolti al monitor in cui ammirare il nuovo arrivato che presto entrerà a far parte della famiglia.
Poi si immagina l’arrivo di un fagotto in lacrime che annuncia al mondo l’inizio di una nuova fase della propria esistenza. Fatta di nuove responsabilità, certo, ma soprattutto di gioia e amore, delle attenzioni di chi ci vuole bene, dell’entusiasmo di crescere una nuova vita e di vederla pian piano gattonare e sgambettare per casa.
Quando il momento arriva, ci si aspetta che tutte queste fantasie diventino realtà.
Ma è davvero questo ciò che accade?
La realtà
La maggior parte dei genitori pubblicamente farà fatica ad ammetterlo, ma la risposta è no: la quotidianità durante e dopo l’attesa di un figlio non corrisponde praticamente mai a ciò che avevano immaginato.
O meglio, i momenti belli ci sono eccome e sono di un’intensità mai provata prima. Ma, accanto a quelli, capita di sentire la stanchezza avanzare, il fisico vacillare, le certezze svanire. Ci si sente in balia di emozioni contrastanti: felicità ma anche paura, tristezza, rabbia, senso di colpa. Le mamme vedono il corpo cambiare, e talvolta stentano ad accettarlo. La relazione di coppia subisce dei cambiamenti inevitabili in quanto ad affinità, sessualità, comunicazione: i conflitti possono aumentare, arrivano pensieri di inadeguatezza, ci si sente sbagliati, non in grado di affrontare questa nuova situazione.
E poi il nuovo arrivato porta con sé tante necessità, tanti bisogni che talvolta sono difficili da interpretare: il pianto diventa esasperante, l’allattamento è doloroso, le ore di sonno diminuiscono, amici e parenti propongono consigli e ricette di buona genitorialità che aumentano il senso di incompetenza, le mamme si sentono sole ed incomprese, i padri si sentono a volte di troppo.
Ma siamo noi ad essere sbagliati?
E allora il pensiero va a tutti gli amici, i parenti e i conoscenti che già sono genitori e che pubblicamente non hanno raccontato nulla di tutto ciò. Tutto ciò che hanno detto è solo: “Vedrai come sarà bello avere un figlio!”.
E inevitabilmente ci si sente delusi, frustrati, e soprattutto ci si sente diversi e sbagliati. Perché un genitore che ama il proprio figlio non può sentirsi triste e scontento dopo il suo arrivo. E allo stesso modo deve saper fare tutto, perché è inscritto nel DNA dei mammiferi, l’istinto genitoriale è in ogni essere umano. Lo stesso istinto che ci spinge a riprodurci e che difficilmente porterà un essere vivente a scoraggiare un altro a fare altrimenti. Portando dunque davanti alle quinte le rose e i fiori e lasciando dietro le spine e i rovi quando gli si chiede: “Com’è avere un figlio?”.
Eppure è acclarato che non esiste una mamma che non abbia sperimentato un calo dell’umore, che non abbia avuto pensieri di rabbia verso il bambino durante una notte infinita di pianto inconsolabile. O un papà che non si sia sentito inadeguato nei confronti del nuovo arrivato, che non si sia sentito smarrito, spaventato o “non abbastanza”.
La normalità è questa: la fragilità umana esiste anche se si è mamme o papà.
Il genitore perfetto non esiste
Una volta compreso, dunque, qual è il meccanismo sociale ma anche genetico che ci porta a raccontare solo il bello della genitorialità, basta poco per innescare un cambiamento nella nostra routine fatta di bei momenti alternati a dubbi e incertezze: i genitori felici e perfetti non esistono.
Genitori non si nasce, ma si impara ad esserlo. E si impara facendo e sbagliando, accogliendo qualche suggerimento ma soprattutto provando da sé, ricordando che ogni genitore ha il diritto di scrivere la propria storia con le proprie mani, che non esiste un modello di genitore infallibile o un manuale da seguire alla lettera.
Siamo tutti imperfetti, insomma, ed è importante ricordarselo e concederselo. E per farlo occorre ricostruire le proprie aspettative, sapere a cosa si può andare incontro, quali possono essere le difficoltà che l’attesa e l’arrivo di un figlio possono comportare. È importante concedersi di poter anche essere infelici in alcuni momenti, imparando a riconoscere le emozioni spiacevoli, a non giudicarle e a gestirle in maniera opportuna.
È fondamentale ricordare che la diversità e l’imperfezione sono la consuetudine e la normalità, che non c’è nulla di sbagliato e che non occorre vergognarsi di essere umani, ma che laddove sussista la voglia di comprendere e superare i propri limiti esistono gli strumenti per poterci provare.
Psicologa Clinica e Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale.
Presidente di Destina Ets e referente del progetto di supporto parentale “Genitori E Poi”.