Per quante ore deve dormire un neonato?
Come addormentarlo facilmente? Cosa fare durante i frequenti risvegli notturni?
Scopriamo come funziona il sonno dei bambini e come gestirlo al meglio.
I neonati trascorrono la maggior parte del loro tempo dormendo. Al contrario di quanto si possa pensare, però, far dormire un neonato non è così semplice! Sono molti gli ostacoli che si possono incontrare, come ad esempio la gestione dei frequenti risvegli notturni, o le difficoltà nell’addormentamento.
Proprio per questo i genitori sono spesso alla ricerca di risposte certe e soluzioni immediate, ma la verità è che non esiste una regola universale, perché ogni bambino è diverso da un altro!
Seguire norme troppo rigide può essere stressante per una mamma e un papà alle prese con la nanna: ogni bimbo infatti ha i suoi ritmi, le sue necessità, i suoi bisogni, e non è sempre possibile – anzi, quasi mai – definire una regola che vada bene per tutti.
Quello che può aiutare, invece, è conoscere alcuni accorgimenti che possono favorire l’addormentamento e la gestione del sonno: seguendo qualche piccola indicazione è infatti possibile approcciarsi a questo delicato momento con una maggiore consapevolezza e una maggiore serenità. E non dimentichiamo che anche il sonno dei genitori è importante!
Come funziona il sonno dei neonati
Nei primi giorni di vita un neonato trascorre circa 16-20 ore dormendo, senza preferenza per il giorno o per la notte: ciò accade perché il sonno favorisce lo sviluppo cerebrale, nonché la secrezione dell’ormone della crescita e il potenziamento del sistema immunitario e della memoria. I pisolini vengono regolati esclusivamente dal bisogno di mangiare e bere, e si interrompono all’incirca ogni 2 o 3 ore.
Questa durata è però indicativa, poiché ogni bimbo ha un ritmo sonno-veglia unico: alcuni bimbi possono arrivare a dormire 20 ore, mentre per altri possono bastarne anche 14, così come alcuni possono svegliarsi ogni 30 minuti oppure ogni 4 ore.
Le differenze individuali sono del tutto normali, e proprio per questo motivo è sconsigliato “forzare” il sonno dei neonati, cercando di aumentare o diminuire le ore che trascorrono dormendo: nei primi mesi ogni bimbo assolve autonomamente al suo bisogno di sonno e non è necessario interferire in questo equilibrio!
Più che focalizzarsi sulla durata, quindi, può essere utile imparare a riconoscere le fasi e i segnali che caratterizzano il sonno, proprio per poterlo gestire al meglio e conciliare le nostre abitudini e i nostri impegni con questa necessità del neonato.
I cicli del sonno
Il sonno dei neonati si articola in cicli, caratterizzati da due fasi: il sonno attivo o REM (rapid eye movement) e il sonno calmo. Nei primi mesi ogni ciclo dura circa 50-60 minuti e durante ciascun pisolino le due fasi si ripetono in modo alternato.
Nella prima fase il respiro è superficiale e irregolare, le palpebre si muovono, il bimbo potrebbe emettere dei suoni e fare delle smorfie: in questo caso, se lo avete addormentato tra le vostre braccia, è opportuno aspettare prima di spostarlo nella carrozzina o nella culletta, poiché il sonno è ancora leggero e questi movimenti potrebbero svegliarlo.
Attenzione a non confondere il sonno attivo con il risveglio! Il bimbo è sveglio solo quando ha gli occhi aperti e vigili, reagisce agli stimoli uditivi e visivi, piange, muove le braccia e le gambe.
Nella seconda fase, invece, il neonato è crollato in un sonno profondo, il respiro è regolare e pesante, i suoi occhi sono totalmente chiusi, fermi e rilassati e possono essere presenti i classici movimenti della suzione: ora può essere più semplice spostarlo poiché in questa fase sarà meno reattivo agli stimoli esterni.
Come favorire il sonno: ambiente rilassante e prime routine
Dai 3-4 mesi in poi, il sonno del bambino inizia ad essere influenzato dal ritmo luce-buio, la durata dei cicli si allunga, le ore di sonno diurno cominciano a diminuire, e si concentrano prevalentemente durante la notte: è utile quindi creare un ambiente che favorisca l’addormentamento serale. Inoltre, attorno ai 4 mesi, possono verificarsi delle regressioni del sonno, ovvero dei cambiamenti repentini nella durata e stabilità del sonno, dovuti ad uno dei cosiddetti scatti di crescita, ovvero uno sviluppo molto rapido del cervello che apprende nuove abilità e che “impegna” il bambino anche durante il sonno.
Come poter trovare quindi un nuovo equilibrio?
Innanzitutto è bene non stimolare eccessivamente il bambino prima di fargli fare la nanna, ed è inoltre fondamentale non aspettare che sia totalmente esausto per provare a farlo dormire: al contrario di noi adulti, l’eccessiva stanchezza rende i neonati molto nervosi e gli impedisce di addormentarsi facilmente.
Al primo segnale di stanchezza, dunque, proviamo a creare un ambiente che faciliti il rilassamento: una stanza con poche voci, pochi rumori ed una luce soffusa. Questo favorirà anche la secrezione della melatonina, l’ormone responsabile del rilassamento e del sonno, che viene prodotta proprio in presenza del buio tra le 19:00 e le 20:30, orario ideale per l’addormentamento.
Anche i movimenti lenti e ripetitivi aiutano a calmare e addormentare il neonato: cullare, camminare avanti e indietro, massaggiare, accarezzare, sussurrare una ninnananna, così come i rumori “bianchi” ovvero i rumori dolci e ripetitivi (il phon, l’aspirapolvere, la pioggia, ecc), estremamente rilassanti per molti bambini.
Ricordate, infine, che i neonati amano stare “stretti”: hanno bisogno di sentirsi, cioè, sempre avvolti da qualcosa che gli ricordi l’ambiente uterino in cui si trovavano prima di nascere: il contatto con il calore della pelle di mamma e papà (ad es. in fascia se state svolgendo altre faccende), così come una coperta avvolgente, potranno generare il senso di sicurezza e conforto che è imprescindibile nei primi mesi di vita.
Per lo stesso motivo, spesso non amano dormire nelle cullette: avvertono il vuoto intorno a sè e ciò genera in loro un senso di abbandono e paura. Per questo, nei primi mesi, può essere utile preferire la carrozzina o le culle next-to-me per facilitare la nanna: meno spazio, più contatto con i genitori.
Anche il co-sleeping, ovvero il far dormire il neonato nel lettone, potrebbe favorire questa sensazione di sicurezza, sebbene recenti studi lo associno a maggiori probabilità di occorrenza di Sids (Sindrome della morte in culla).
Scegliete la soluzione che possa farvi sentire più sicuri e a vostro agio, e che possa anche aiutarvi a gestire i risvegli notturni! Più sarete sereni, maggiore serenità trasmetterete a vostro figlio.
In questa fase il bambino è anche più ricettivo agli stimoli esterni, e sarà quindi utile introdurre delle routine, che abitueranno il piccolo a collegare determinate azioni, sempre rilassanti, al momento della nanna, come ad esempio un bagnetto caldo, la pappa, la filastrocca della buonanotte: largo alla fantasia!
Queste routine potranno essere ripetute anche nei mesi e negli anni a seguire, adattandole all’età del bambino, e rappresenteranno per vostro figlio un punto fermo, una piacevole abitudine che “segnerà” l’ora di andare a dormire.
Risvegli notturni: cosa fare?
Tra i 6 e i 9 mesi è possibile che si verifichino numerosi risvegli notturni.
Ciò è comprensibile, se si pensa che anche gli adulti si svegliano più volte durante la notte! A differenza di un adulto, però, un bambino non è in grado di riaddormentarsi da solo, anche perché a questa età subentra l’ansia da separazione: il bambino, cioè, inizia a capire di essere un “individuo” separato dalla figura che lo accudisce (cosa che fino ad oggi non era in grado di comprendere), ma è ancora “inesperto” e ha paura di ritrovarsi da solo.
A quest’ansia, del tutto normale e fisiologica, si accompagna la paura dell’abbandono: al momento di addormentarsi, quindi, è più probabile che il bimbo pianga e rifiuti di fare la nanna, o che durante il sonno si svegli più spesso piangendo: chiudere gli occhi o svegliarsi e ritrovarsi separato dalla mamma e dal papà, equivale per lui ad essere solo, ed ecco il motivo di tali resistenze!
Cosa fare in questi casi? Come precedentemente detto, non esistono soluzioni universali poiché ogni bambino e ogni famiglia è un universo a sé.
Possiamo però provare a tenere presente che in questi momenti i bambini stanno solo cercando protezione e rassicurazione, e che non sono in grado di calmarsi da soli! Quando un bambino esprime un bisogno, è opportuno rispondere alla sua richiesta con comportamenti che gli diano la conferma di essere accudito e al sicuro: mantenendo sempre la luce soffusa, possiamo prenderlo in braccio, cullarlo, allattarlo, sussurrargli una canzone, magari la stessa che abbiamo iniziato a cantargli quando era ancora nella pancia!
Meglio non stimolarlo eccessivamente con giochi o forti rumori, e se è necessario cambiarlo, proviamo a farlo mantenendo le luci basse e con movimenti lenti e dolci (per aiutarci, prepariamo già tutto l’occorrente per il cambio prima di andare a dormire!).
Sia la mamma che il papà possono assolvere a questi compiti, anzi è importante che il neonato impari a riconoscere entrambe le figure come punti di riferimento intercambiabili.
Quando invece ignoriamo le richieste di un bambino, ad esempio “lasciandolo piangere per evitare che si vizi”, gli stiamo implicitamente comunicando che non siamo disposti a proteggerlo: forse, dopo un po’, il bimbo potrà smettere di piangere, ma “non perché ha imparato a regolare il proprio sonno, ma perché si è rassegnato, non senza tristezza, a rimanere da solo” (G.H. Fresco).
Questa è una fase molto delicata, in cui i genitori possono avvertire forte stanchezza e frustrazione, e ciò è del tutto normale.
Proprio questo motivo è fondamentale prepararsi in modo consapevole all’esperienza della genitorialità, per essere pronti ad affrontare anche i momenti di difficoltà senza lasciarsi trasportare dal pensiero di essere inadeguati o di essere cattive mamme o cattivi papà.
Come si è visto, il sonno dei bambini è un tema complesso che può essere fonte di disagio per un neo genitore, soprattutto nelle situazioni in cui, come è normale che sia, possa risultare più complicato addormentare o tranquillizzare il bambino. Ci si può sentire impotenti, tristi, arrabbiati o in colpa.
Proviamo però a tenere sempre presente e a ricordare che non in tutte le occasioni sarà possibile essere i genitori che vorremmo essere, a volte saremo stanchi, a volte non avremo voglia di accorrere per consolare all’istante il bimbo che piange, a volte chiederemo aiuto a qualcuno… e andrà bene così!
Acquisire una buona consapevolezza potrà aiutarci a scegliere e a fare il meglio che possiamo, e il nostro meglio sarà sempre abbastanza.
D.ssa Federica Brindisino
Psicologa Clinica e Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale.
Presidente di Destina Ets e referente del progetto di supporto parentale “Genitori E Poi”
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